In parte lo sta già facendo. Come in molti altri mestieri, l’AI sta già aiutando a sfoltire quelle mansioni meccaniche e ripetitive, nel caso della traduzione quelle frasi semplici che troviamo nelle app informatiche, nelle finestre di dialogo, oppure terminologia specifica come negli elenchi merceologici. Questo non significa che il traduttore o la traduttrice non lavora più, ma spesso l’ingaggio è piuttosto per mansioni di MTPE, cioè revisione di traduzioni effettuate dalla macchina. Difatti, i traduttori e le traduttrici hanno ormai tariffe apposite per la revisione della traduzione automatica, che non comparano né spacciano come traduzione umana svolta artigianalmente.
Quali sono gli effetti positivi dell’AI nell’ambito della traduzione?
Sicuramente, oltre a velocizzare gli incarichi ripetitivi e quelli che implicano grandi moli di lavoro in ambito soprattutto informatico e di localizzazione di app e software, c’è un altro vantaggio correlato per i traduttori e le traduttrici: possono automatizzare parte degli incarichi poco creativi per poter dedicare maggior tempo e cura alla traduzione in ambito creativo. Proprio per questo è nato un termine che si è molto diffuso in lingua inglese: transcreation, indicando proprio la traduzione creativa, quella che viene impiegata nell’ambito del marketing, della pubblicità, del copywriting e ovviamente nella traduzione letteraria e per gli altri mezzi di comunicazione. Che è anche il settore in cui buona parte dei traduttori e delle traduttrici sogna di lavorare quando intraprende questa carriera, fin dagli studi universitari.
L’AI può essere ingannevole, nella traduzione come in altri ambiti?
Lo è quanto mai nella traduzione. Per questo è necessario che alla revisione si dedichi sempre un traduttore o una traduttrice che siano esperti e qualificati.
L’AI sostituirà traduttori, traduttrici e altre categorie professionali?
Nella maggior parte degli ambiti in cui si applica la traduzione ci vuole sempre una persona fisica che si assuma la responsabilità dei contenuti tradotti. Questo è immediatamente evidente nell’ambito delle traduzioni giurate e delle interpretazioni giurate presso i tribunali. Ci deve sempre essere qualcuno o qualcuna che giuri davanti a un giudice di aver tradotto o interpretato fedelmente, a pena di cinque anni di carcere per frode. Per il momento, non è ancora previsto di poter mandare in carcere un robot.
L’AI può fare meglio di un essere umano, traduttore, interprete o altro professionista che sia?
La grande mole di dati forniti da esseri umani, traduttori, traduttrici o altri professionisti a cui accede l’AI permette potenzialmente di elaborare il meglio di quanto il genere umano abbia prodotto. Ma non è difficile che la macchina incorra in errore, o ripeta sbagli umani, o replichi le tendenze pregiudizievoli del mercato, amplificandole. Come gli algoritmi di selezione del personale che hanno replicato il pregiudizio umano a favore della selezione di candidati uomini e bianchi per la maggior parte delle posizioni lavorative.
Altro fatto di rilievo è stata la recente polemica scatenata da una foto generata da un programma basato sull’AI che ha vinto un premio internazionale di fotografia. Il fotografo “autore” dell’immagine ha rifiutato di ricevere il premio, affermando di aver sottoposto quella foto ai giudici per pura provocazione, e di essere riuscito nel suo intento di risvegliare l’attenzione sui problemi di autenticità che pone l’AI.
Un appassionato di fotografia, nonché mio compagno di vita, ha commentato l’accaduto in questo modo, e trovo che abbia colto nel segno il nocciolo della questione:
“Sì, sapevo [dell’autore che ha rifiutato il premio]. Tema complesso. La fotografia, personalmente, è un’istante della realtà, qualcosa di vero, reale, immortalato per essere condiviso o documentare… Questo invece è qualcosa che potrebbe essere (ma non è)!”
Ebbene, direi che quella generata dall’AI potrebbe essere, ma non è, traduzione.
Articolo di Silvia Cicciomessere